Continua il viaggio di AssisiSport che sta sentendo gli umori dei capitani delle squadre del territorio che hanno aderito al progetto della nostra testata online. Oggi è il turno di Matteo De Santis, capitano dell’Angelana, che in esclusiva alla redazione di Assisi Sport eleva un inno, l’ennesimo, di amore verso il calcio, un invito a lottare quanto più si può per tornare ancora più forti di prima quando l’emergenza sarà passata. La mancanza delle partite giocate, quell’adrenalina che sale e quella voglia di dare calci al pallone che non passa mai…
“Ciò che fa più rabbia, oggi, è vedere quanta gente stia soffrendo per questo virus al quale, evidentemente, non siamo riusciti a prendere bene le misure. Da calciatori, poi, abbiamo quel senso di smarrimento che si traduce, specie la domenica, in un vuoto che non riusciamo a colmare. Guardiamo le partite in tv, ma senza l’odore del campo per noi non è la stessa cosa”. Matteo De Santis dell’Angelana di Ciucarelli non è solo il capitano: è un simbolo di longevità e di dedizione, l’emblema della voglia di non mollare neppure di fronte alle difficoltà più acute. Era appena rientrato da un infortunio serio al ginocchio che il 25 aprile 2019 ne aveva messo in discussione perfino la carriera. Poi la pandemia lo ha costretto a un nuovo stop, proprio quando stava cominciando a carburare. “Per me in effetti questo lungo digiuno dal campo dura quasi da un anno e mezzo, ma non mi scoraggia e anzi mi sprona a lavorare ancora più duramente per farmi trovare pronto quando sarà ora di tornare a giocare”. La luce in fondo al tunnel. Quella scintilla che tutti a Santa Maria aspettano a mani giunte.
L’Angelana aveva cominciato bene la stagione, ottenendo due vittorie e un pari nelle tre gare ufficiali disputate tra Coppa e campionato. “Fermarsi per noi ha rappresentato un handicap, perché stavamo bene e cominciavamo a carburare nel modo giusto”, ammette Matteo. “Con Ciucarelli il feeling è stato subito buono, e poi aver ritrovato tanti ragazzi con i quali avevo condiviso lo spogliatoio già tre anni fa è stato molto piacevole. Si è creato subito un bel mix tra giovani ed esperti, e il campo ci stava dando ragione. È stato un peccato dover dire stop così presto, ma penso sia stata anche una decisione saggia”. Perché il pallone manca, ma la vita non è fatta solo di calcio. “Tutti noi abbiamo un lavoro e tutti noi conviviamo ogni giorno con la paura del virus. Non è una bella sensazione: rischiare ogni giorno non è il massimo della vita, anche perché a casa abbiamo tante persone care, e magari anziane, che vorremmo tenere al riparo da qualsiasi brutta sorpresa. Fermare il campionato è stata la cosa più giusta da fare, ora speriamo solo di ripartire quanto prima. Ma non saremo noi a decidere, o meglio, saranno i comportamenti di ogni singolo individuo a rendere ciò possibile”.
C’è una cosa che più di altre manca terribilmente in questa fase della nostra esistenza: “È la partita della domenica, quel senso di tensione e trepidazione che avverti prima di andare in campo”, spiega il capitano. “Una sensazione che non puoi barattare con niente, perché è la vera essenza del nostro essere calciatori. È vero, gli allenamenti settimanali sono una parte fondamentale, anche perché aiutano a cementare il gruppo. Ma è quando arriva l’arbitro a fare l’appello che capisci che è arrivata l’ora di andare oltre e di dimostrare quanto vali. Questo è quello che più mi manca. E non vedo l’ora di tornare a vivere quei momenti”. Quando, è ancora troppo presto per dirlo: “Intanto ci alleniamo a casa, tre volte a settimana, svolgendo un programma atletico abbastanza dettagliato tra corsa, lavori di forza e reattività. Purtroppo manca il contatto col pallone, e questo per un calciatore è un fardello pesante. Ma sappiamo che meglio di così oggi non si può fare. Quanto alla ripresa dell’attività in gruppo, onestamente sarei contento se potessimo ripartire già a inizio 2021. E sono d’accordo con l’ipotesi di prolungare la stagione fino a estate inoltrata, che sia giugno o addirittura luglio. Giocare col caldo è meglio che farlo d’inverno quando le temperature sono basse, il meteo inclemente e le gare programmate spesso di mercoledì. Chi ha pensato a un torneo a 34 giornate non ha mai giocato a calcio, almeno a questi livelli, altrimenti avrebbe capito che non era il caso di caricarci di così tante partite. Siamo lavoratori, prima che calciatori, e date le circostanze non credo fosse intelligente gravarci di ulteriori pesi sulle spalle. Il calcio dilettantistico ha un giorno nel quale ha motivo di esistere, e quel giorno è la domenica”. E poco importa se in quel giorno dicono che Baggio non giochi più.
Foto: Riccardo Manuali, per gentile concessione / Ufficio Stampa Angelana
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